Fra i giorni della primavera, che a volte su queste montagne sono ancora frammento di inverno, e il settembre che annuncia i venti dell’autunno, nella lucania più bella e solitaria, fra le rocce delle dolomiti lucane e la montagna corale del pollino, si celebrano, in un’euforica e faticosa eccitazione, piccole-grandi feste degli alberi. Sono conosciute dagli studiosi come riti arborei. Per me sono felicità ed ebbrezza.
Per gli antropologi più tradizionali, ad accettura, a pietrapertosa, a castelmezzano, a oliveto lucano, avvengono autentici matrimoni degli alberi, sposalizi fra il “maggio”, u’masc, un cerro, albero maschio, e la “cima”, un agrifoglio, pianta femmina. nel massiccio del pollino (alessandria del carretto, rotonda, castelsaraceno, terranova, viggianello) sono invece un faggio, a’pitu (a Castelsaraceno è la ‘ndenna), e un abete, la “rocca” (o la cunocchia di Castelsaraceno) a unirsi in un rituale che celebra il passaggio delle stagioni, il mutamento e la trasformazione della natura.
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