«Il futurismo poteva nascere solo in italia / paese rivolto al passato... / e per questo il futurismo è di moda oggi / perché anche il futurismo è passato». Chi scriveva così, in una delle sue ultime poesie, era Palazzeschi. E le sue parole sembrano profetiche anche oggi, mentre si è aperta a palazzo reale a milano l’interessante mostra “Boccioni (1882-1916). Genio e memoria”.
In effetti l’attenzione per il futurismo (e per boccioni che è stato il suo più grande interprete) non accenna a esaurirsi, quasi a voler risarcire il gruppo di tante passate incomprensioni, nate spesso da motivi extra-artistici. Basti pensare, per esempio, che la città che sale di Boccioni, 1910, una delle opere più importanti del futurismo, si trova al moma di New York grazie alla lungimiranza dei nostri funzionari. I quali, quando intorno al 1946 il dipinto, che apparteneva alle figlie di Marinetti, fu messo in vendita, non vollero farlo acquisire dallo stato italiano. Il futurismo allora era considerato fascista e anche boccioni, morto nel 1916, forse non era politicamente corretto, non si sa mai… così l’opera fu acquistata dagli americani, che non si sono mai posti problemi di ideologia. E in america è rimasta.
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