La sofferenza dei bambini suscita commozione, empiti di solidarietà, riflessioni, che sembrano a volte fin troppo compunte e seriose, eccessive: e tuttavia è vero che la vista di un bambino terrorizzato, denutrito, preso in mezzo a guerre e combattimenti, smuove qualcosa dentro di noi, ci interroga, ci coinvolge.
Il chiacchiericcio enfatizzante dei giornali poi spegne l’attenzione, in un sovrabbondare di immagini e parole in continua evoluzione emotiva, tenute a livello altissimo per un paio di giorni e poi cacciate nell’oscurità, dimenticate: sicché, se un lettore è genuinamente interessato a un argomento, non gli sarà facile continuare a saperne qualcosa. Passata la prima ondata, sembra che a nessuno importi più sapere l’esito delle storie che riempivano le prime pagine.
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