Wendy Beckett

di Giovanni Gazzaneo e Silvia Guzzetti

Intervista alla religiosa e critica d’arte. Dalla vocazione, limpida fin dall’infanzia, alla scoperta della pittura: il racconto di un’esistenza in ascolto

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Dopo anni di vita monastica e di preghiera contemplativa ha scelto di dedicarsi alle arti. Perché?
“Non direi che mi sono “dedicata” alle arti. successe che, nel 1980, mi ammalai e non riuscii più a fare le traduzioni dal latino medioevale, che fruttavano qualche soldo per il convento di suore carmelitane che mi ospitava. le suore devono guadagnarsi da vivere! Chiesi alla superiora se potevo trascorrere la convalescenza guardando dei volumi d’arte e aggiunsi, fatalmente per me, ma guidata dalla mia coscienza, che avrei fatto questo con l’intenzione di scrivere io stessa un libro. Come vedete il mio amore per le arti, che è sempre stato grande, è stato all’inizio puramente funzionale. Ha mantenuto questo aspetto funzionale come forma di guadagno, ma, naturalmente, si è approfondito infinitamente e meravigliosamente come modo di condividere con le persone la bellezza di Dio.

Nei miei primi testi stavo attenta a non usare il nome di dio, così che coloro che non credevano non si sentissero esclusi. sono convinta che, quando rispondiamo alla bellezza, di qualunque tipo essa sia, è dio che ci attira verso di lui e, dal momento che questo apostolato è arrivato “per caso”, non mi sono mai sentita libera di respingerlo. certo, preferirei vivere l’arte per il mio piacere personale, come parte, minima, di una vita di preghiera; ma, fino a quando posso aiutare altre persone a trovare dio, non mi ritengo libera di seguire i miei desideri. Anche se ormai sono così debole che questo sacrificio non mi viene più richiesto”.

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