Come potevano le cose essere arrivate a tanto? Come poteva esser andato costruendosi quell’inquietante unicum antropologico che non mancava di riversare a sua volta sulla cultura occidentale tanti e non meno inquietanti esiti?
La risposta, in ampia misura, sta nella storia stessa del giappone: unica anch’essa, di un paese a lungo vissuto in un isolamento per tanti versi senza dubbio “splendido” e che tuttavia, in almeno tre casi – tutti drammatici ancorché molto diversi tra loro – è stato costretto ad aprirsi al “diverso da sé”, sempre traendo da quelle aperture risultati di mutamento profondo per un verso, di paradossale rafforzamento identitario per un altro.
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