Quando Maurits Cornelis Escher, olandese di nascita (1898-1972), lasciò l’Italia nel 1936, l’istituto olandese di Roma organizzò la sua ultima mostra. Il fascismo e le imminenti leggi razziali gli suggerirono di abbandonare quel paese che tanto aveva amato e da cui tanto aveva imparato, rifugiandosi in svizzera. piranesi, borromini, la trattatistica geometrica italiana e il dominante futurismo: questa l’italia che lasciava. «a vero dire – commentò l’“osservatore romano” – è una vecchia conoscenza per chi frequenta il mondo artistico romano. Chi non conosce quell’alto pittore olandese, che beve il sole con gli occhi…».
Il sole era pur sempre quello stesso astro che aveva richiamato in italia generazioni e generazioni di artisti, dal seicento in poi, fino alla nutrita folla di quei tedeschi-romani che dall’italia trassero anche il nome, che tuttora conservano, da Arnold Böcklin a Max Klinger ad Anselm Feuerbach. Le donne, il sole, i vecchi limoni su cui già vagheggiava, un secolo prima, un altro innamorato dell’italia, Johann Wolfgang Von Goethe.
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