Branzi, l'occhio e il tempo

di Leonardo Servadio

A tu per tu con il giornalista e fotografo: l’Italia del boom, la vita quotidiana, la necessità di un’immagine etica

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Il tempo, la vita. La terra, il cielo. la povertà, l’ingegno... nell’immagine scattata nel 1955 in un vicolo di comacchio si trova condensata tutta la forza della metafora, con la ricchezza di significati che vi si nascondono. E' la foto di un enorme orologio a cipolla, portato in spalla da un giovinetto, poco più che un bambino. Il quadrante è visto di fronte, il ragazzino da dietro, coi piedi sul lembo di una pozzanghera che fa da specchio. 

E' una delle fotografie più note tra quelle di piergiorgio branzi (signa, firenze, 1928), artista dell’obiettivo per passione, giornalista di professione. le sue immagini più belle, raccolte in oltre sessant’anni, sono proposte nel suo libro più recente, il giro dell’occhio (contrasto). Racconta: «comacchio appariva surreale, tutta attraversata da canali e, come pienza, completamente disegnata da un solo architetto. vidi passare quel ragazzo con l’enorme orologio e lo convinsi a fermarsi un attimo accanto alla pozzanghera. mi parve un’immagine suggestiva, densa di significato. mentre fotografavo, altri ragazzini facevano coro attorno, guardavano incuriositi e dileggiavano e incitavano quello con l’orologio. Era un’epoca in cui ancora sembrava strano che qualcuno andasse in giro con la macchina fotografica: una rarità. una sorpresa. E oggi, l’ho saputo in questi giorni, trovo una persona che s’è fatta tatuare sul braccio proprio quella foto...».

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