Musei tra memoria e azione

di Domenica Primerano

Dai diocesani a quelli “specializzati” il loro compito oggi non è solo conservare ma essere una presenza viva nella società

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E' del 15 aprile 1923 la circolare con la quale il segretario di stato vaticano, cardinal pietro gasparri, sollecitava i vescovi a «conservare, trasmettere e saggiamente amministrare» il patrimonio storico artistico della chiesa anche tramite la fondazione di musei diocesani dove custodire «i cimeli [che] a lasciarli dove sono corrono pericolo e deperiscono». A quella data in italia si contano pochissimi musei diocesani: quelli di bressanone e trento furono tra i primi a essere fondati, rispettivamente nel 1879 e nel 1903, quando ancora le due città facevano parte dell’impero austroungarico. E' nei paesi di lingua tedesca infatti che ha origine l’istituzione di questa specifica tipologia museale: il più antico è quello di Paderborn (1853), poi seguito da Colonia (1854), Ratisbona (1854) e Rottenburg (1862).

Va detto che l’invito del cardinal gasparri ebbe tiepida accoglienza: dobbiamo infatti attendere gli anni novanta  del secolo scorso per assistere al decollo dei musei diocesani, passati dai 37 rilevati nel 1971 ai 105 censiti nel 1997, per raggiungere attualmente le 218 unità. Se poi allarghiamo lo sguardo ai musei di proprietà ecclesiastica, il numero si fa ancor più rilevante: sono 884 gli istituti museali ecclesiastici presenti in italia, per il 60% fruibili al pubblico.

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