Patagonia la fine è un inizio

di Andrea Semplici

Viaggio nella terra dove il nulla è pieno di significato e la cui indescrivibilità ha stimolato decine di scrittori

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Da molti anni ho un desiderio: ridiscendere la ruta 40, la strada impossibile, la strada-confine fra le ande e le pampas argentine, la strada di ripio, dal fondo di ghiaino che fa pattinare le auto, che lambisce ghiacciai e si arrampica su passi che provano a sfiorare il cielo. Cinquemilacentonovantaquattro chilometri, diciotto fiumi da scavalcare, ventisette vette andine da scalare, venti parchi nazionali da attraversare. dai confini della bolivia alla frontiera con la terra del fuoco. Voglio arrivare in patagonia con la gloria della ruta 40.

Per anni, gli anni delle letture di bruce chatwin, di luis sepúlveda, di francisco coloane, questa terra (non la “fine del mondo”, ma uno dei “centri del mondo”) è stata, per me, un’ossessione. fu bruce, un inglese snob e insopportabile, grande scrittore, a portarmi fin laggiù: dovevo pur sedermi nella grotta del milodonte, un animale leggendario e magnifico, un orso preistorico, per seguire le tracce di chatwin, per vedere, per capire la sua patagonia.

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