Guglielmo durante, nel medioevo, affermava che «la pittura commuove gli animi più della scrittura»: vale a dire che un’immagine artistica riesce più di mille parole a impressionare l’attenzione, suscitando interesse sincero e, quindi, una reale disposizione a interrogarsi, a pensare, a conoscere, a ricordare. l’osservazione del grande canonista può stimolare ancor oggi i teologi: un dipinto, che sia vera opera d’arte, vale di certo come un “luogo teologico”, cioè come una sorta di documento in cui il teologo può reperire spunti utili per la sua riflessione.
Le due annunciate di antonello da messina, quella custodita nella alte pinakothek di monaco di baviera e quella esposta nella galleria regionale di palazzo abatellis a palermo, entrambe dipinte su tavole di esigua dimensione (rispettivamente 42,5 x 33 cm e 45 x 34,5 cm), la prima presumibilmente nel 1473-1474 e la seconda nel 1476, sortiscono proprio l’effetto evocato da guglielmo: riescono cioè a far comprendere appieno il significato dell’annuncio angelico a Maria di Nazareth e lasciano intuire il senso dell’incarnazione del verbo divino. perciò possono aiutare nell’elaborazione di una teologia dell’annuncio o – più precisamente – dall’annuncio, dato che questa consisterebbe in una teologia che prende le mosse dalla lezione di antonello, a partire dalla sua stessa “teologia dipinta”.
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