Si dice spesso che il novecento non sia stato un secolo d’oro per l’arte sacra. tante le ragioni che hanno reso difficile, e a volte interrotto, il dialogo tra la chiesa e i maestri del secolo scorso. L’arte contemporanea, inoltre, ha esplorato il territorio del brutto e del deforme come mai era accaduto prima, e anche questo non aiuta. In gran parte delle ricerche del novecento, poi, l’artista inventa un suo linguaggio che occorre imparare: cosa non sempre facile, né sempre possibile per un’opera che non è destinata a un’aula universitaria o a un museo, ma, appunto, a una chiesa. queste sconsolanti considerazioni non devono comunque impedirci di notare che un punto di forza nell’arte contemporanea di soggetto religioso c’è: gli artisti hanno rappresentato i fatti della bibbia e del vangelo con immagini e scene inedite, e spesso inaspettate.
E di questa libertà creativa è testimone la grande esposizione di palazzo strozzi a firenze, “bellezza divina”, evento legato al quinto convegno ecclesiale della chiesa italiana. un percorso che, a partire dalla seconda metà dell’ottocento, mostra nell’arco di cento anni la fecondità del dialogo tra arte e sacro attraverso maestri come Millet, Redon, Rouault, Chagall, Fontana, Manzù.
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