Chiese a cielo aperto

di Guido Oldani

Lo sguardo del poeta a un anno dal sisma che ha devastato il cuore dell’Italia. Una “Via Crucis lapidaria” dove il dolore sia fertile terreno per la rinascita

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Giovanni il Battista battezzava stando coi piedi nel giordano, dove, via via, immergeva i battezzandi. un fonte battesimale all’aperto, che si poteva spostare secondo i passi del precursore, nell’acqua che sgattaiolava come pesci fra i suoi piedi. Mi ero fatto, dall’infanzia, l’idea che la terra intera fosse una chiesa, e il cielo che l’avvolge la sua volta. se no il padreterno se la sarebbe fatta a suo piacimento e senza troppi libretti delle istruzioni. gli anni convalidarono in me questa impressione. Ad esempio, da boy scout sapevo costruire, con quattro pali e poche spanne di corda, un tavolaccio gentile su cui veniva celebrata la messa nel bosco. 

Ho in mente quando nel mio quartiere venne costruita una baracca di legno, come quelle dei muratori, ma più lustra, e per anni funzionò come chiesa. ancora ho ben presente nella mia memoria olfattiva il profumo di quel legno. starci era come attraversare un bosco arido, essere in una segheria del grande nord, percepire quasi i passi di san giuseppe falegname, che non poteva non essere lì, con il suo allievo e figliolo a fare bottega. quella baracca venne abbandonata per costruire una chiesa in muratura ma io la spiritualità operaia e cantieristica che respirai lì, non la trovai più.

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