Sul monte del Signore

di Enzo Bianchi

Moriah, Sinai-Oreb, Nebo: tre luoghi biblici dove l’uomo ha incontrato Dio

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Il paesaggio da cui provengo è quello collinare del monferrato e delle langhe, colline e colline senza fine – le cui cime chiamiamo “brich” –, colline quasi sempre coperte di vigne e, solo se rivolte a nord, boschive. ma anche in una terra collinare salire il “brich” era per me qualcosa di straordinario: il paesaggio si apriva e si potevano vedere le alpi e distinguere bene la cima del monviso – il monte visto ovunque –, il massiccio del monte bianco e il monte rosa; si poteva volgere lo sguardo fin dove giungeva il piemonte, la terra “ai piedi dei monti”. Il mare ligure non si vedeva, così, quando si riusciva ad andare al mare, l’emozione era grande davanti a quella distesa azzurra che incuteva soprattutto curiosità: «cosa ci sarà oltre il mare?», ci chiedevamo. In montagna si andava qualche volta, raramente, ma giunto nelle valli avevo l’impressione di trovarmi di fronte ad altezze irraggiungibili, che mi sovrastavano fino a incutermi timore.

Confesso che non ho mai scalato montagne; ho certamente amato fare passeggiate, ma se salgo su un monte le vertigini mi colgono e, dopo una salita per raccogliere stelle alpine o fiori di artemisia, la discesa mi pare paurosa. sì, la montagna mi incute timore, mi affascina e nello stesso tempo mi intimorisce. Se il sacro è tremendum et fascinosum, la montagna è la realtà più sacra che conosco. per questo, credo, da sempre gli esseri umani hanno visto le montagne come dimore degli dèi, come simbolo del mistero trascendente, come luogo “altro” rispetto al loro abitare la terra, altare naturale che si leva verso Dio. 

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