Giancarlo Vitali è un uomo radicato. radicato nella sua terra, terra di vette, le prealpi, e di orizzonti d’acqua e di cielo, il lago di como. in quel piccolo mondo antico che è bellano le radici sono strade e case e soprattutto relazioni: la famiglia, le amicizie, ma anche gli incontri di un momento fatti di rapidi saluti e sguardi silenti. delle radici di questo spicchio di eden, dove il tempo passa sempre uguale, nel ciclo delle stagioni e in quello delle generazioni, Giancarlo Vitali ha fatto vita e arte. quasi un contraltare a questo nostro presente, dove il movimento sembra sradicare il mondo in un vortice e rimescolamento di uomini e di cose, dove il dramma dei migranti diventa l’icona tragica e sfigurata dell’ingiustizia e di un travaglio violento. ed è proprio in questo nostro presente che le radici non sono un lusso o un retaggio del passato, ma l’unica possibilità di vita – e di arte – autentica. giancarlo vitali, con le sue ottantasette primavere, va controcorrente: non cerca la novità per la novità, non si lascia incasellare in un movimento, non grida e neppure “gioca” con l’arte. Scrive Andrea Vitali (scrittore e amico omonimo ma non parente): «poco dopo la nascita comprende che la vita può essere geometricamente rappresentata secondo un cerchio: si ritorna là da dove si è partiti, quindi percepisce subito l’inutilità di ogni allontanamento».
La sua poetica nasce dalla fedeltà al luogo che gli ha dato i natali e alla sua gente. l’amore per la pittura l’ha portato e lo porta avanti nel suo studio, al terzo piano della casa sul lungolago, là dove l’arte è cresciuta insieme alla sua famiglia, in una “laica clausura” (come scriveva giovanni testori). «Questa solitudine è tutta colpa mia – ci dice vitali –. il padreterno mi ha voluto bene. io non ho nessun merito di tutto ciò che ha voluto darmi. credo che non abbia completato il regalo; e forse per sua bontà, per suo amore non mi ha dato il carattere di saper imporre, senza prepotenza, senza “stupideria” e vanto, questa mia voglia di pittura vera».
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