Ostia Antica, il porto del grano e delle fedi

di Paolo Garuti

A passeggio tra le rovine dell’importante scalo, approdo naturale per le religioni dell’impero

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«All’​avvicinarsi del giorno in cui doveva uscire di questa vita, giorno a te noto, ignoto a noi, accadde, per opera tua, io credo, secondo i tuoi misteriosi ordinamenti, che ci trovassimo lei e io soli, appoggiati a una finestra prospiciente il giardino della casa che ci ospitava, là, presso ostia tiberina, lontani dai rumori della folla, intenti a ristorarci dalla fatica di un lungo viaggio in vista della traversata del mare. conversavamo, dunque, soli con grande dolcezza. Dimentichi delle cose passate e protesi verso quelle che stanno innanzi, cercavamo fra noi alla presenza della verità, che sei tu, quale sarebbe stata la vita eterna dei santi» (confessioni, 10,23).

Il grande parco archeologico di ostia antica ricorda, con una lapide seminascosta presso le rovine di una chiesetta, quest’ultimo colloquio fra agostino e sua madre monica, prima ch’ella morisse e fosse sepolta là, nei pressi del grande centro portuale di roma. aspettavano di prendere il mare e avevano trovato alloggio in un’insula con un giardino, lontana dal centro e dai suoi rumori. Conosco pochi luoghi che possano far capire i primi passi della fede cristiana meglio di ostia antica. gerusalemme, efeso, corinto, la stessa roma, erano già città sante, a loro modo, prima che in esse fosse proclamato il vangelo. ostia no. era una città nata dall’incontro del mare col grande fiume ed esisteva per rispondere alle esigenze della megalopoli, del caput mundi a cui tutto affluiva.

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