Bischof, l'empatia in uno sguardo

di Enrico Gusella

Il fotografo svizzero ha documentato per “Life” i popoli degli angoli più remoti del mondo

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Raccogliere in un’immagine il senso di una storia, le vicende di un popolo, o meglio dei popoli, e raccontarne forme e caratteri, luoghi e identità. è la cifra connotativa, lo sguardo profondo di uno dei maggiori fotografi del XX secolo, Werner Bischof (Zurigo, 1916 - ande peruviane, 1954). Un “artista” – come egli stesso annotò nel corso di un reportage in indocina nel 1952 – che documentò le contraddizioni del mondo, narrando le dicotomie tra ricchezza e povertà ma, anche, la dignità di uomini, donne e bambini dentro le loro sofferenze e le loro precarietà.

Punto di riferimento dell’agenzia magnum, fondata nel 1947 da robert capa, william e rita vandivert, maria eisner, henri cartier-bresson, david seymour e george rodger, bischof scandagliò gli angoli più remoti del mondo: dall’india – inviato dalla rivista “life” per un reportage sulla carestia (1951) – al giappone, dalla corea all’indocina, da Panama al Perù, dove morì in un incidente stradale nelle ande il 16 maggio 1954, pochi giorni prima di un’altra tragica morte: quella di Robert Capa.
Nello stile e nella poetica di bischof s’incarna perfettamente la figura del fotografo d’impronta sociale, che con passione ed empatia prende parte ai drammi e ai lutti dell’umanità, immortalando non solo luoghi e persone coinvolte nelle guerre, nella fame e nella miseria, ma sapendo cogliere anche l’imprevedibile.
studiò fotografia con hans finsler e alfred williman alla scuola di arti e mestieri di zurigo, lavorando in seguito per le riviste “du” e “life”, e collaborando, dopo i viaggi in europa orientale, finlandia e danimarca, per “picture post”, “the observer”, “illustrated” ed “epoca”. la sua grazia formale è diventata il segno di immagini “silenziose” in grado di trasmettere compostezza e discrezione e, ovviamente, un’originale bellezza il cui senso si manifesta nell’empatia con i soggetti, nei quali vive un senso di sospensione e armonia, ma anche di tenerezza e solidarietà.
Negli anni trenta e quaranta, iniziato ai principi del movimento neues sehen (“nuova visione”), bischof affronta la propria ricerca artistica dedicandosi al genere della natura morta attraverso una serie di immagini – animali, piante, oggetti – caratterizzate da una singolare bellezza contemplativa. ben presto, però, arriva anche il primo impatto con gli orrori della guerra e la desolazione delle città. a emergere ora sono le macerie e i sopravvissuti.

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