Padova conserva un ricchissimo patrimonio di pittura del trecento, che ne fa uno dei centri più significativi dell’italia padana. l’inizio del secolo è dominato dalla presenza di giotto, attivo almeno in tre complessi: il convento e la basilica del santo – dove decorò rispettivamente la sala del capitolo e almeno una cappella –, gli scrovegni e, poco più tardi, il palazzo della ragione, con la decorazione della volta. una presenza che determinò il linguaggio pittorico della città fino almeno alla fine del secolo. sul linguaggio e le novità che giotto, già nella prima maturità, espresse nei complessi padovani e soprattutto nella cappella dell’arena molto è stato scritto. vorrei qui mettere in rilievo solo alcuni elementi che connoteranno poi la pittura padovana trecentesca.
Il primo è il senso dello spazio nei paesaggi e soprattutto nelle architetture: uno spazio misurato, in certo senso prospettico, che si verrà via via articolando e complicando. poi, un nuovo senso della persona umana, dove la maestosità delle figure plastiche si coniuga con una insistita ricerca naturalistica. infine, un senso vivissimo della narrazione, che si connota ora in chiave altamente drammatica, ora piuttosto in chiave semplice e per così dire quotidiana. aggiungerei inoltre un continuo, anche se talvolta sommesso, richiamo all’antico, nella riproposizione di alcuni particolari elementi figurativi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Abbonati a Luoghi dell’Infinito per continuare a leggere
La rivista è disponibile in formato cartaceo e digitale
Abbonati alla rivistaSei già registrato? Accedi