Una delle più belle rappresentazioni della speranza si deve a giotto. si trova nella cappella degli scrovegni a padova. giotto la rappresenta insieme alle altre due virtù teologali e alle quattro cardinali, tutte a monocromo, e la raffigura come una donna che tende le mani verso un angelo da cui verrà incoronata. Il pittore del mugello elimina dunque gli attributi tradizionali della speranza, che erano sostanzialmente due: il ramoscello d’ulivo, allusione alla fine del diluvio universale, e l’ancora, che si riallaccia a un passo della lettera agli ebrei di san paolo: «nella speranza abbiamo come un’ancora della nostra vita, sicura e salda» (eb 6,19).
Non c’è bisogno di segni convenzionali per essere eloquenti. la figura della donna, che occupa diagonalmente l’intero spazio della finestra cieca, è tutta risolta nel suo slancio ascensionale, che è insieme fisico e metafisico. la speranza qui non è una persona in preghiera – come due secoli dopo la dipingerà, per esempio, raffaello, che la porrà tra due angeli anch’essi oranti – ma è uno slancio di preghiera che diventa persona. Ma non solo. agli scrovegni la speranza segue, e non precede, la carità, come fosse un coronamento delle virtù teologali. inoltre giotto, come usava nelle cattedrali francesi romaniche e gotiche, contrappone le virtù ai vizi e idealmente le mette di fronte la disperazione, raffigurata come una donna impiccata. alla tensione verso il cielo che rende leggeri e liberi si contrappone la pesantezza della materialità che spinge verso la terra e la morte.
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