La barca spegne il motore. ora, finalmente, è silenzio. che presto si riempie di suoni primordiali: il canto lieve dell’acqua e del vento che accarezzano l’intrico fantastico delle mangrovie, lungo la costa di bintan, una delle diciassettemila isole di quello sterminato arcipelago, geografico e umano, chiamato indonesia. solo cielo, acqua, piante. Il sole di mezzogiorno.
E il caldo che torna a farsi opprimente, dopo la fresca parentesi donata dalla pioggia scrosciante del primo mattino.il vento si placa. in questo scrigno verde, in questo mondo fluttuante dove la consumazione e rigenerazione d’ogni cosa non è più un’idea letta nei libri, ma si fa percezione della nostra carne tesa all’ascolto e all’incontro dell’inatteso, in questo luogo che ci è nuovo, che sentiamo estraneo, che scrutiamo con circospezione, animati dal desiderio di scoprirlo ospitale, ecco: tutto, ora, pare tendere alla totale immobilità.
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