La formula della bellezza

di Giuseppe O. Longo

I numeri sono la lingua dell’universo. Ma non ogni cosa può essere calcolata...

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​​​Nel 1202 il pisano leonardo fibonacci pubblica la prima edizione del monumentale liber abaci, o libro dell’aritmetica, denso di regole per il calcolo di radicali quadratici e cubici, di criteri di divisibilità e di problemi svariatissimi di carattere pratico e mercantile. Da ragazzino leonardo aveva trascorso alcuni anni a bugia, nell’odierna algeria, dove il padre, facoltoso mercante e rappresentante dei commercianti della repubblica di pisa, lo aveva avviato allo studio delle tecniche aritmetiche che gli arabi avevano importato dall’india e stavano diffondendo nel mondo musulmano.

Col suo manuale, a sua volta, fibonacci esportò questa nuova matematica in italia e di qui in europa: matematica utilissima nei commerci per la conversione da una valuta all’altra o da una misura lineare o di capacità all’altra, in un mondo dove le unità di misura variavano di città in città e dove i calcoli erano resi difficili dalla farraginosa notazione romana basata sulle lettere. L'aritmetica indiana adottata dagli arabi aveva su quella classica alcuni vantaggi decisivi: ricorreva alla base dieci, dunque a pochi segni per indicare le cifre; adottava lo zero, che sorprendentemente i greci non avevano scoperto; infine impiegava la notazione posizionale, per cui una cifra indicava le unità, le decine, le centinaia e così via a seconda della posizione che occupava in seno al numero.

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