Artico

di Federico Geremei

Munier, fotografo francese, da anni frequenta in solitudine queste terre di ghiaccio e di neve “per provare il sentimento profondo di una libertà e bellezza infinite”

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​«Io non vengo da arrogante, con la smania di aggiungere una performance estrema a un primato qualunque», scrive vincent munier nel testo che accompagna le immagini raccolte nel suo artico. «Nè vengo da suicida e tantomeno per dare lezioni. vengo da ammiratore, in contemplazione. per provare il sentimento profondo, sereno, di una libertà infinita». Lo slancio centrifugo lo porta a viaggiare in lungo e largo – in largo e largo, piuttosto – mentre quello centripeto ne condensa l’interiorizzazione e così «l’estetica ha preso volontariamente il sopravvento», confida, dicendosi convinto del «potere del bello per sensibilizzare le persone a proteggerlo». 

Federico Geremi  non ci sono umani negli scatti di munier ma contesti troppo vasti per decidere se (e come) definirli – macroregioni, miniecosistemi isolati eppure connessi, cos’altro? –, e animali. «il mio scopo era di fotografarli in queste condizioni per mostrare la loro incredibile forza», precisa. «si prova ancora più rispetto davanti a questi attori della natura». E' proprio il rapporto con le “bestie” che ha scandito la nostra presenza lassù: i cani a trainare le slitte, le balene da arpionare e le foche per rimediare molto di quel poco che serviva per sopravvivere. Tutti mammiferi, come noi. Integriamo il cotè esclusivo – letteralmente (absit iniuria) – di quest’impresa solitaria, popolandone i contesti.

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