Un uomo, mistero d’amore

di Ermes Ronchi e Marina Marcolini

La croce non è un simbolo ma una persona. Scandalo di morte, feritoia della resurrezione

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​Al collo di moltissimi cristiani pende una catenina con un ciondolo d’oro, di ferro, di legno, di vetro, a forma di croce. due linee ortogonali, semplicissime e forti, che sono diventate, con il loro “visibile parlare”, come una dichiarazione di fede o forse, per alcuni, solo di appartenenza.
Tenuta da alcuni celata con cura sotto gli abiti, da altri esibita sul petto, la croce ha l’eloquenza di un simbolo evidente a tutti nel nostro mondo: segna i profili di molte vette di montagna, si innesta sulla punta dei campanili di tutti i paesi, ti attende alla svolta dei sentieri di campagna, è parte del nostro paesaggio, al vertice di quella foresta di simboli che la religiosità ha sempre ispirato.


Quella croce che si è incisa almeno una volta negli occhi di tutti, di che cosa è il racconto? non è portata al collo per mostrare o celebrare uno strumento di tortura e di morte. chi porterebbe al collo una forca con il suo cappio oppure una sedia elettrica? la croce invece racconta una storia d’amore e di dolore, pronuncia un nome inconfondibile, che profuma di bene e di vita: gesù.

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