La dea madre: un importante riferimento nella preistoria che attesta un simbolismo legato al ciclo della vita. Il periodo più ricco di documenti sul culto della dea madre è il neolitico e la prima età dei metalli. esso è preceduto nel paleolitico superiore (circa 30.000 anni fa) da piccole sculture di donne, note come “veneri aurignaziane”, nelle quali sono appena abbozzate le estremità e assai sviluppate le parti connesse con la maternità (seni, natiche). In esse Marija Gimbutas riconosceva le prime immagini della dea madre, che nel neolitico si faranno più numerose e varie. sono segnalati anche in epoca più antica simboli incisi su rocce o pietre interpretati con qualche riferimento al culto della vita. Il simbolismo evocato da queste rappresentazioni si lega diversamente alla società dei cacciatori-raccoglitori del paleolitico e alla società neolitica, segnata da allevamento e sedentarizzazione. in tali società il ruolo della donna era probabilmente diverso.
Le statuette femminili aurignaziane, in pietra, osso, avorio, sono state segnalate in varie località europee comprese tra l’atlantico e la siberia: savignano sul panaro, trasimeno, chiozza di scandiano, Balzi Rossi (Italia), Willendorf (Germania), Lespugue, Brassenpouy (Francia), Vestonice (Moravia), Kostienki, Malta (Russia)... In queste statuette sono accentuate, come è stato rilevato, le parti connesse con la maternità, mentre la testa e gli arti sono appena abbozzati. se è da escludere una rappresentazione della donna dal vero, appare invece fondata l’interpretazione che vede in esse i segni di un culto della fertilità, con un possibile significato magico o religioso connesso con la maternità (mainage, 1921; begouen, 1935). maringer (1960) parla di un culto degli antenati. non manca chi ha veduto connessioni con ideali erotici (born, 1984).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Abbonati a Luoghi dell’Infinito per continuare a leggere
La rivista è disponibile in formato cartaceo e digitale
Abbonati alla rivistaSei già registrato? Accedi