Nel percorso dei musei vaticani, non lontano dalle stanze di raffaello, c’è un luogo che pochi hanno avuto la fortuna di visitare perché è sempre chiuso. è chiuso perché è molto piccolo. lungo meno di sette metri, largo un po’ più di quattro, alto quasi nove al culmine della volta, non potrebbe, se aperto, sopportare la pressione delle grandi folle che attraversano ogni anno i musei del papa, e la conservazione delle pitture murali ivi custodite ne uscirebbe seriamente compromessa. ebbene, questo luogo solo sfiorato dai sei milioni e mezzo di visitatori annuali dei musei vaticani era la cappella privata di papa Niccolò V Parentucelli, grande filologo, umanista e amico di umanisti, che regnò sul trono di pietro dal 1447 al 1455. al suo interno c’è il ciclo di pitture ad affresco forse più prezioso della roma quattrocentesca, capolavoro di fra giovanni da fiesole, il frate domenicano che tutto il mondo conosce come il beato angelico.
Trattandosi della cappella papale dove il pontefice sentiva messa, da solo o in compagnia dei più intimi fra i suoi cardinali, il sito doveva essere al massimo livello sia dal punto di vista della qualità architettonica (è possibile che il pavimento a marmi intarsiati di “opus sectile”, messo in opera dal fiorentino varrone di agnolo belfredelli, sia stato disegnato da Leon Battista Alberti) sia per la scelta del pittore freschista. e infatti, per i suoi contemporanei come per la critica moderna, dopo masaccio e prima di melozzo, l’angelico si colloca al vertice della storia artistica romana del XV secolo.
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