Molte ricerche ormai lo hanno dimostrato: chi frequenta i santuari o partecipa a feste patronali o segue antichi riti che fanno rivivere la passione di gesù è spesso una persona colta, motivata, attiva. il suo identikit insomma è ben lontano dal luogo comune secondo cui i devoti avrebbero poca cultura, rasenterebbero la superstizione, sarebbero soprattutto anziani. quando è ben radicata nella tradizione, la religiosità popolare sa esprimere la memoria di un popolo anche meglio di forme più sofisticate e talora elitarie.
Lo hanno ben compreso gli ultimi pontefici, a partire da paolo vi che, nell’esortazione apostolica evangelii nuntiandi del 1975, indicando gli aspetti positivi di queste «espressioni particolari della ricerca di Dio per lungo tempo considerate meno pure, talvolta disprezzate» affermava con decisione di volerle definire frutto di «pietà popolare, cioè religione del popolo, piuttosto che religiosità». papa montini ben conosceva il rischio di «deformazioni della religione, anzi di superstizioni,di manifestazioni cultuali senza impegnare un’autentica adesione di fede».
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