Lo chiamano il “golfo dei poeti”. l’insenatura spezzina, al confine con la toscana, non ha mancato d’attirare, nel corso dei secoli, artisti e letterati, ammaliati dal fascino d’una natura possente, marchiata dallo sposalizio tra le montagne e il mare. porto venere – o portovenere, secondo la forma più confidenziale – ne riflette a pieno i caratteri.
Pare che lord byron – oltre a compiere a nuoto la traversata dell’anfiteatro spezzino partendo da lerici, nel 1822, nel corso d’un soggiorno a casa di shelley, che risiedeva a san terenzo – amasse aggirarsi tra gli anfratti delle sue rocce a picco sui flutti, tra i colori accesi della palazzata, lungo le mura che ancor oggi ne cingono i fianchi, e poi su, fino al castello, oltre la chiesa di san lorenzo, per ridiscendere verso lo sperone da cui emerge in chiaroscuro, come dalla spuma del mare, la piccola chiesa di san pietro. uno spettacolo d’ineguagliabile bellezza, cui sono complemento tre piccole isole: palmaria, tino e tinetto, sedi di insediamenti monastici e strutture difensive.
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