Leggere le tre fotografie realizzate da michel d’oultremont per wildlife photographer of the year 2019, il concorso indetto dal natural history museum di londra, è impresa complessa e affascinante, per l’aura di mistero in cui sono avvolte le tre opere di immediata evidenza espressiva. non sono un critico di fotografia. mi limito a comunicare la storia. Evidente la loro potenza drammatica, e anche la tenerezza animistica dell’autore, quanto enigmatico il racconto che ogni foto nasconde e fa affiorare.
Parto dalla foto dello scoiattolo. folto, buio, ma non cupo lo sfondo. è vegetazione, piante, alba o crepuscolo, in cui si apre una naturale finestra circolare. Lì appare il piccolo animale. incluso dal fotografo in quel cerchio di selva, pare protetto, cullato e anche custodito come segretamente dalla natura, dalle piante, dalle foglie d’erba cantate da walt whitman, ma anche dal bosco in cui le tre fate buone nascondono e proteggono aurora, la creatura che la fata malefica ha condannato al sonno eterno. una creatura protetta, questa, primigenia, uno scoiattolo, pare, abitatore delle fronde e degli alberi.
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