Molti sono i sistemi mitico-filosofici e mitico-religiosi che concepiscono il cosmo come eterno, quindi increato. già più difficile a immaginarsi è l’eternità della natura e delle realtà che ne fanno parte: il che implica il problema delle loro origini. nel testo fondante della tradizione abramitica, il genesi, leggiamo che la terra era prima della creazione tohu wabohu, “informe e vuota”, espressione tradotta con il greco kaos. su una terra informe, vuota e buia la parola di dio, creando la luce, scende creando ordine e significato.
L’ultima e più perfetta tra le creature, l’uomo, riceve da dio il dono che lo rende capace di dare un nome alle cose, cioè conferire loro una sostanza: vale a dire la parola, che, nelle sue infinite potenzialità, appare simile alla parola creatrice, al logos, al verbum. parola che equivale alla sapienza divina.
Posto in contatto con il creatore e al centro della creazione, l’uomo ne padroneggia i differenti aspetti, ossia le cose: e conferisce a ciascuna di esse un nome che ne riassume e ne esprime il significato. caratteristica principale dell’essere umano è difatti il suo carattere di animale symbolicum, in grado di esprimere un rapporto tra una res e il flatus vocis che la denomina.
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