«La facciata della basilica di san miniato al monte, quando nel sereno vien la sera, si alleggerisce, all’apparenza, del peso che la tiene a terra: allora, in fedeltà di secoli, rinnova la supplica al cielo, con la scrittura della sua bellezza, per riavere nell’eterno un posto, che di quello in cui si trova ora altro non ne sia che la trasfigurazione».
Così, nel secolo scorso, il grande ma appartato scrittore nicola lisi aveva perfettamente intuito e sigillato la profetica vocazione della millenaria basilica posta a oriente di firenze per tracciare una linea aurorale di grazia, di bellezza e di speranza fra la gerusalemme della storia e quella del futuro.
Grembo fecondo di mistero, il dorato catino absidale al tramonto trasfigura l’occidente in nuovo oriente schiudendo la storia di una intera comunità ecclesiale e civile all’istante che, nella definitiva parusia del cristo alfa e omega, sarà ormai per sempre assolutezza assoluta. tale densità teologica di imponderabile pregnanza si stempera in leggibile e consolante bellezza tanto nella stesura geometrica romanica, che placa cuore e pensieri ancora arruffati come i crocicchi e i tetti della città medioevale ormai alle spalle, quanto nella severa espressione bizantina del volto di cristo, che svela alla nostra distratta rassegnazione dove è che si incontrano il dio che salva e l’uomo che è salvato.
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