«Nell’anima, fin dalle sue prime origini, c’è stato un anelito alla luce e un impulso inestinguibile a uscire dalla primitiva oscurità. quando giunge la notte profonda, ogni cosa assume un tono di cupa malinconia, di un’indicibile nostalgia della luce. è questo il sentimento che si manifesta negli occhi dei primitivi, e che può essere notato anche negli animali. negli occhi di questi c’è una tristezza che non scopriremo mai se dipende dalla loro anima o se è un doloroso messaggio che ci si manifesta da quell’esistenza originaria.
Questa è l’atmosfera dell’africa, l’esperienza delle sue solitudini. è un mistero materno, l’oscurità primordiale. ecco perché l’esperienza più sconvolgente per il negro è la nascita del sole al mattino. il momento in cui la luce appare, è Dio. Quell’attimo apporta la salvezza. credere che il sole sia Dio, significa perdere e dimenticare l’esperienza archetipa di quel momento. Dire: “siamo contenti che la notte, durante la quale vagano gli spiriti, sia passata”, è già razionalizzare. In realtà grava sopra la terra un’oscurità diversa da quella naturale della notte: è la primeva notte psichica che per innumerevoli milioni di anni è stata ciò che è ancora oggi. l’anelito alla luce è l’anelito alla coscienza» (Carl Gustav Jung, ricordi, sogni e riflessioni).
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