La fotografia è forse la tecnica in cui il talento femminile ha potuto affrancarsi e manifestarsi più precocemente. Per quanto proporzionalmente inferiore agli uomini, il numero di fotografe (in particolare nel mondo anglosassone) nella fase pionieristica e in quella del boom nella prima metà del novecento è significativo e il loro contributo particolarmente importante: si pensi, per quanto riguarda i decenni tra le due guerre, a imogen cunningham, tina modotti, dorothea lange, berenice abbott, gerda taro… Questo forse anche perché la fotografia non era generalmente considerata un’arte ma una tecnica di documentazione e di racconto della realtà e soprattutto un “mestiere”, anzi il mestiere ideale in società dai caratteri ormai pienamente moderni con una dimensione urbana, industriale e massmediatica particolarmente sviluppata.
A quel gruppo di fotografe e a quel contesto appartiene anche Margaret Bourke-White. la sua storia esemplare potrebbe uscire da un romanzo di dos passos. margaret nasce nel 1904 a new york in una famiglia borghese. Il padre è un inventore e trasmette alla figlia la passione per le macchine e per il confronto aperto con la tecnologia. Studia con il fotografo pittorialista Clarence H. White, già amico e collaboratore di alfred stieglitz e fondatore della prima scuola in america a insegnare la fotografia come forma d’arte. dopo alterne vicende e un precoce sfortunato matrimonio si iscrive, ancora poco più che ventenne, alla cornell university, dove capisce che realizzare e duplicare scorci fotografici del campus può essere un’attività non solo creativa ma anche redditizia. compie quindi il salto nella professione. Apre a cleveland uno studio fotografico e si costruisce una strada nel mercato della fotografia industriale e pubblicitaria.
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