«A Vegnarà ben il dì che il friûl al si inacuarzarà di vei na storia, un passat, na tradision!». verrà bene il giorno in cui il friuli si accorgerà di avere una storia, un passato, una tradizione. pier paolo pasolini aveva solo ventidue anni quando nel 1944 – mentre in friuli comandavano i tedeschi – scrisse nella lingua della casarsa materna questa famosa frase che suonava come un programma culturale, politico e sociale.
Quel giorno alla fine arrivò, ma pasolini non fece tempo a vederlo: era morto esattamente da sei mesi e quattro giorni quando, alle ore 21 e 12 secondi di giovedì 6 maggio 1976, una scossa di magnitudo 6.5 della scala richter si abbatté sul friuli da udine in su, lasciando novecentonovanta morti, quarantacinquemila senza tetto, decine di migliaia di edifici distrutti o lesionati. fu quello il “dies irae pal friûl”, come recita il titolo della raccolta poetica in lingua friulana forse più diffusa di ogni tempo (la compose alberto picotti, partigiano, scrittore e ambasciatore itinerante dell’ente friuli nel mondo).
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