Un monumentale santuario posto a 1.200 metri, con tre piazzali a terrazza circondati da una chiostra di cime alpine. dodici bianche cappelle sparse come pecorelle di un presepe su per un verde pendio, fra due filari di tigli. Una riserva naturale estesa su 1.500 ettari, da 750 a 2.388 metri di altitudine. Un reticolo di sentieri percorsi nei secoli da schiere di pellegrini. Persino un giardino botanico alpino di ventimila metri quadrati. Dove mai scenario naturale e costruzioni religiose sono altrettanto connessi?
A soli dodici chilometri da biella, quello di oropa è il più grande santuario mariano dell’arco alpino, eppure il suo impatto sull’ambiente non è affatto gravoso, anzi. Fede e natura, devozione alla madonna e amore per il verde si esprimono parlando la stessa lingua. bernardo di chiaravalle sarebbe d’accordo, se si sta a una delle sue frasi più citate: «credi a chi ne ha esperienza: nei boschi troverai qualcosa di più che nei libri. la legna e le rocce ti insegneranno ciò che non puoi ascoltare dai maestri» (experto crede: aliquid amplius invenies in silvis, quam in libris. ligna et lapides docebunt te, quod a magistris audire non possis. Epistola 106 a Henry Murdach). L’esperienza cui Bernardo alludeva era probabilmente quella ritratta in una diffusa iconografia: la vergine gli appare mentre il santo medita all’aperto, tra le rocce, sul rustico scrittoio che amava farsi portare fuori del monastero.
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