Il nuovo secolo, il primo del terzo millennio, è ormai trascorso per un quinto della sua durata. non è certo molto: ma neppure tanto poco. cose straordinarie erano accadute alla fine del precedente: basti pensare a quel che per quasi un cinquantennio era sembrato impossibile e impensabile, il crollo dell’unione sovietica e con esso la necessità di una ridefinizione dell’assetto egemonico del mondo intero. Ma il “tempo dei prodigi” si era annunziato già da prima, da quella sera dell’ottobre del 1978 in cui l’emiciclo berniniano di piazza san pietro era stato invaso da quell’accento d’una terra che allora sembrava ancora più lontana di quanto oggi non sia, d’una lingua appartenente al popolo più cattolico dell’“altra europa”, quella del patto di varsavia; e da quella frase che pur suonava umile e allegra al tempo stesso.
«Se mi sbaglio, mi corrigerete». a parlare era l’arcivescovo di Cracovia, il Cardinale Karol Wojtyla, l’innalzamento del quale al soglio di pietro infrangeva un tabù durato quattrocentocinquantasei anni: dalla morte di Adriano VI, cioè del fiammingo Adriaan Florisz Boeyens di Utrecht, il pontificato del quale era durato meno di ventun mesi, non c’era più stato un Papa che non fosse italiano.
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