Elegia per la notte armena

di Antonia Arslan

Il Nagorno-Karabakh, terra amata e dilaniata, ultima tappa del genocidio. Una riflessione in poesia sulla tragedia

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Era una notte qualsiasi di un giorno di inizio novembre 2020. dormivo pacificamente, come al solito; morfeo non mi ha mai abbandonato, neanche nei momenti di salute più incerta, e ho sempre litigato con le infermiere che – in ospedale – volevano darmi dei sonniferi. piuttosto, faccio sogni confusi e irrequieti, mi prendo spaventi misteriosi e fuggo non so dove, sempre dormendo; e mi sveglio inquieta e malinconica, se qualcosa il giorno prima mi ha turbato nel profondo.

Questo è avvenuto per tutto il mese di ottobre, man mano che percepivo con sempre maggiore preoccupazione che le notizie provenienti dall’artsakh (più conosciuto come nagorno-karabakh, la piccola repubblica contesa fra l’Armenia e l’Azerbaigian) diventavano sempre più fosche, nonostante l’apparente ottimismo ostentato dal governo armeno. purtroppo, l’attacco militare azero – sostenuto con ogni mezzo dal governo turco – era stato ben preparato e fu realizzato con ottima scelta dei tempi, durante la fase finale delle elezioni presidenziali americane e dopo pesanti manovre militari ai confini compiute dagli eserciti azero e turco nell’estate 2020. Inoltre, gli armamenti sofisticati di ultima generazione, come i droni e i missili di alta precisione, hanno fatto il resto, riducendo i soldati armeni chiusi nelle loro trincee a facili bersagli.

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