Si può dare nuova vita alla pittura ferendola, scavandola, sezionandola, riportandola all’amalgama dei colori prima della composizione, prima delle velature, prima della forma, prima dell’armonia? Si può, a patto di non tradire la pittura. nicola samorì alla pittura è rimasto fedele, anche se la sua è una fedeltà tormentata, una fedeltà sempre alla ricerca di orizzonti nuovi, di sentieri inesplorati. Il suo amore per la pittura è un amore che non conosce misura. E' una passione che arde, e fa sentire una fame e una sete mai appagate. una passione che libera, e dà il coraggio e la forza di cercare, che è poi la stessa cosa di rischiare e sacrificare.
Samorì crea in un continuo corpo a corpo con la pittura. in un confronto geniale con la storia dell’arte fiorisce la novità. prima nel segno della perfezione assoluta del soggetto che la storia dell’arte gli consegna: l’opera amata viene ripensata e realizzata nuovamente con un virtuosismo che spesso supera l’antico maestro. poi ecco gli “sfregi”, il gesto che rompe l’armonia, che dilania un volto, scava un corpo, diventa colatura, distacco, grumo, taglio… Samorì crea un’apertura dove prima c’era un tutto risolto, una contraddizione insuperabile nella grazia di un originale antico e rinato.
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