La vista più bella sulle tre cime di lavaredo è dal foro di una galleria. tre zanne di roccia gialla e bruna che si staccano sulla gengiva di pietrisco. non sono cambiate da come le vedeva l’alpino di guardia in trincea. Il grande occhio nella parete del monte paterno sembra aperto come un belvedere. Qui si resta muti, per la bellezza e per il magone. per queste creste passava il confine che separava regno d’italia e impero austro-ungarico.
Tra 1915 e 1916 le pareti si popolano di cannoni, mitragliatrici, lanciabombe. il silenzio si alterna al rombo di granate e di shrapnel. Scale di legno e corde sui precipizi, trincee e alloggi scavati nella viva roccia, gli strapiombi verminano di cunicoli. tonnellate di acciaio ed esplosivo portate in quota a forza di braccia e di mulo. il genio italiano issò un faro sulla vetta della cima grande, a 3mila metri, per illuminare le linee nemiche.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Abbonati a Luoghi dell’Infinito per continuare a leggere
La rivista è disponibile in formato cartaceo e digitale
Abbonati alla rivistaSei già registrato? Accedi