Chissà perché, la gioia sembra transitoria e il dolore permanente; la prima si tende a ricordarla come il flash di una macchina fotografica, il secondo come un marchio a fuoco, testimoniante sulle nostre carni. credo di aver visto il monumento all’anti-pietà per la sofferenza umana, una trentina di anni addietro, in una fotografia di un settimanale.
Il servizio giornalistico sottolineava qualche ricorrenza, perché ormai la cultura si è ridotta a questi modesti riti celebrativi. L’immagine ritraeva un giovane capitano dell’esercito dello zar, semispogliato e impalato dalla folla. La scena non si consumava all’interno dei confini russi e mi duole persino citare la nazione dove questo orrore si è manifestato. il cadavere era tenuto dritto da un mostruoso spiedo, che si affacciava, sollevando la pelle, appena dietro la clavicola destra, alla base del collo.
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