«Muoio, dice il signore, per vivificare tutti per mezzo mio». queste parole, che un padre della chiesa, san cirillo d’alessandria, s’immaginava sulla bocca di cristo, suggeriscono il paradosso cristiano di una morte che produce vita, e, nello specifico, un pastore che accetta la croce perché le pecore possano pascolare tranquille. «Con la mia carne ho redento la carne di tutti», prosegue il cristo del testo di San Cirillo, e spiega che «la morte infatti morrà nella mia morte, e la natura umana, che era caduta, risorgerà insieme con me. per questo, infatti, sono divenuto simile a voi, uomo cioè della stirpe di abramo, per essere in tutto simile ai fratelli» (commento sul vangelo di san giovanni, 4,2).
Si tratta del mistero centrale della fede e delle espressioni culturali da essa scaturite, tra cui l’arte sacra. l’immagine che ne riassume il senso è il cosiddetto “vir dolorum” o “uomo dei dolori”, conosciuto anche come “imago pietatis”, “icona della pietà”; tra molti possibili esempi, ha particolare eloquenza la tavola di andrea mantegna in cui il salvatore vivo, seduto sull’orlo del proprio sarcofago, mostrando le ferite rimarginate sembra rivolgersi allo spettatore, come nel testo di cirillo d’alessandria. simili immagini traducono la figura isaiana del servo di dio che «si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori»: «trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità», ma per le cui «piaghe noi siamo stati guariti» (is 53,3-7).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Abbonati a Luoghi dell’Infinito per continuare a leggere
La rivista è disponibile in formato cartaceo e digitale
Abbonati alla rivistaSei già registrato? Accedi