Rimini “caput viarum”. con questo titolo era definita la città adriatica: da qui partiva la via popilia che conduceva ad adria; qui concludeva il suo percorso la consolare flaminia, e aveva origine l’emilia che, costeggiando il bordo meridionale della val padana, portava a piacenza. L’arco dell’imperatore augusto, edificato al punto di giunzione fra la flaminia e l’emilia, è stato la cruna dell’ago dell’italia storica. tutti sono passati da lì. Anche l’esule dante diretto alle città dell’italia padana, anche giotto proveniente dal cantiere di assisi. Tutto questo per dire che rimini è stata, storicamente, per la sua stessa collocazione geografica, uno straordinario punto di incontro e laboratorio delle suggestioni culturali più diverse.
Sappiamo, sulla scorta delle notizie tramandate dalla chronica coeva di riccobaldo ferrarese, che giotto è stato attivo a rimini con un ciclo di affreschi – andati perduti – nella chiesa di san francesco (poi destinata a diventare il tempio malatestiano). e proprio a rimini la sua arte ha dimostrato di poter diventare lingua figurativa nazionale, declinando nei modi di una scuola che ha in giovanni da rimini, nei primi anni del xiv secolo, il suo capostipite.
gli affreschi con le storie della vergine che giovanni realizza nella chiesa di sant’agostino segnano l’incipit della scuola riminese del trecento, che si colloca al punto di giunzione fra la lezione giottesca e il perdurare di preziose nostalgie dell’arte bizantina.
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