Le capitali del Grand Tour

di Fernando Mazzocca

Firenze, Roma, Napoli, Venezia: la nobiltà inglese e poi europea percorreva l’Italia, creando una grande accademia itinerante

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A partire dal 1670, quando compare, in trascrizione francese, nel voyage of italy del sacerdote cattolico e scrittore inglese richard lassels, il termine “grand tour” indica quel viaggio in europa che, iniziato come una pratica rara e avventurosa, era ormai diventato un’istituzione consolidata e irrinunciabile per la formazione della classe dirigente inglese. ai giovani aristocratici provenienti dall’isola si affiancheranno i viaggiatori francesi, poi tedeschi, fiamminghi, olandesi, svedesi, polacchi, sino a comprendere ogni paese d’europa. verso la fine del settecento e con la ripresa, dopo la parentesi costituita dalle guerre napoleoniche, di questa pratica, anche gli americani entrarono a far parte di quella comunità dei “touristes”, diventata «nel corso del secolo dei lumi, la più numerosa e libera accademia itinerante che la civiltà occidentale abbia mai conosciuto» (cesare de seta). oltre ai nobili, per cui il soggiorno in italia aveva un valore soprattutto iniziatico che preludeva al definitivo ingresso nella maturità, ritroviamo, con motivazioni simili e insieme diverse, gli artisti, i letterati, i musicisti, i filosofi, gli scienziati, i politici, gli uomini di chiesa, e quanti fanno di questa esperienza un’occasione di arricchimento e svolta nella loro carriera.

Imbevuti di cultura classica, imperniata soprattutto sui testi latini di livio, orazio, virgilio, e mossi dall’ammirazione per le statue antiche, considerate da se­coli come modelli universali di bellezza, i viaggiatori avevano come destinazione prin­cipale roma, la capitale dell’antichità e della cristianità: nelle sue imponenti rovine si manifestava la grandezza perduta, quando l’urbe dominava il mondo. era il luogo dove ritrovare le radici, pagane e cristiane, della civiltà occidentale, la cui identità era rilanciata dall’europa cosmopolita, unita nella fiducia nei “lumi” e nel culto dell’antico. da roma erano discese le “cento città” che per la loro origine quasi sempre radicata nell’antichità e per la varietà dei loro monumenti meritavano una sosta, facendo dell’italia, allora come oggi, un meraviglioso museo diffuso.

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