Nella bibbia sono molti coloro che, incalzati dalla voce di dio, diventano iniziatori di storie nuove e generano nuovi inizi. si muovono per fede, fede coraggiosa, perché il coraggio è la virtù degli inizi: lasciare tutto, smontare le tende al levar del sole e inoltrarsi nel deserto; salpare alla brezza leggera del mattino, verso una terra mai raggiunta e già perduta.
alcuni sono personaggi enormi, da cui non si può prescindere, come Abramo, che parte al lume delle stelle senza sapere dove andare (“una terra che io ti mostrerò”); è nomade, un ricominciante ogni giorno, o almeno a ogni fine dei pascoli. nella fede siamo tutti figli di nomadi, nel coraggio di chi crede che «il carnato del cielo sveglia oasi ai nomadi d’amore» (Giuseppe Ungaretti, tramonto). Come Mosè, fuggito alla condanna a morte in contumacia, nascosto nelle tende di ietro e pastore di un gregge di capre non sue. Dalla precarietà della sua vita, attraverso un reticolo di fughe, chiamate, difetti, ritorni e ripartenze, inizia un’avventura collettiva straordinaria.
I protagonisti della storia sacra, iniziatori del nuovo, non sono degli eroi preparati per la loro missione, ma vengono raccolti da una cisterna, come giuseppe, da una prigione (geremia), da dietro i buoi (amos), da un ramo di sicomoro (zaccheo), o rimessi in piedi dopo una sconfitta. nella bibbia, il futuro si apre nelle paludi.
come con i giudici: Israele si è appena installato sulla terra di canaan, è circondato da piccoli regni organizzati e bellicosi. A ogni periodo di relativa pace succede una invasione, il popolo è sottomesso e depredato.
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