Il silenzio è il respiro di dio. kim haines-eitzen ne ha fatto l’oggetto della sua ricerca: docente di cristianesimo e giudaismo delle origini alla cornell university (ithaca, stati uniti), registra di persona i suoni dei deserti, mettendoli in rapporto con i testi dei padri della chiesa.
Nel volume sonorous desert. what deep listening taught early christian monks. and what it can teach us (“deserti sonori. cosa l’ascolto profondo ha insegnato ai primi monaci cristiani. e cosa può insegnare a noi”), edito dalla princeton university press, a ogni capitolo corrisponde un qr code che permette di ascoltare le registrazioni.
Il silenzio è ricco almeno quanto lo sono il suono e la parola perché il silenzio ha molti volti: c’è il silenzio legato all’amore, alla conoscenza, al senso di pienezza, e poi c’è il silenzio legato alla rabbia, al non aver più nulla da dire, alla delusione. il silenzio che regna tra le persone che non si conoscono e poi il silenzio dei potenti o di chi esercita un potere, il silenzio legato al dominio. il silenzio nelle situazioni imbarazzanti. e poi c’è il silenzio degli oggetti... e potremmo continuare. come può il silenzio essere così “infinito”, abbracciare ogni aspetto delle passioni e delle relazioni umane?
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