Un anno prima della morte, nel 429, il vescovo agostino scrive all’amico dario, governatore dell’africa, inviandogli i libri delle confessioni, e spiega come si deve intendere il racconto autobiografico: «in essi considerami e osserva che cosa sono stato in me stesso, per me stesso e se vi troverai qualcosa che ti piacerà di me, lodane con me non me stesso, ma colui che ho voluto venga lodato nei miei riguardi» (ep. 231,6).
Accingendosi a comporre le confessiones, nel 397, agostino, già da due anni vescovo coadiutore di valerio a ippona, non intende presentare un resoconto dettagliato delle vicende che lo riguardano, dall’infanzia sino alla tarda estate del 387, quando il racconto si interrompe con la morte della madre monica a ostia tiberina. l’autore indulge poco sui dati storici, dal momento che la sua preoccupazione è quella di inserire il corso degli avvenimenti in una lettura teologica: al centro della narrazione non vi è propriamente agostino, ma dio, che merita di ricevere la lode dell’uomo liberato dal peccato e rinnovato dalla grazia.
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