La chiesa non è identificabile con una istituzione universitaria deputata a conferire titoli accademici, al vertice dei quali si situa il “dottorato”. eppure, a partire dal 1298, bonifacio viii, che due anni dopo avrebbe promulgato il primo giubileo, ha introdotto l’uso di attribuire ad alcuni santi la denominazione di dottore della chiesa. giova allora interrogarsi circa il senso di tale attribuzione. esso affonda le sue radici nello stesso atto di fede, che implica il coinvolgimento di tutta la persona (volontà, affettività, conoscenza) e quindi possiede una innegabile dimensione intellettiva.
Lo sviluppo di tale aspetto nella forma del “sapere credente” è dato dalla teologia. in tal senso, se ogni credente può essere chiamato teologo, nella misura in cui riflette sulla propria fede, ci sono persone dotate di un carisma particolare, che può diventare “ministero”, e che san paolo denomina “maestri” o “dottori” (il termine greco è didáskalos): «alcuni perciò dio li ha posti nella chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. sono forse tutti apostoli? tutti profeti? tutti maestri? tutti fanno miracoli? tutti possiedono il dono delle guarigioni? tutti parlano lingue? tutti le interpretano?» (1cor 12, 28-30).
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