Mitica, epica, utopica. È la bici dei filosofi

di Simone Paliaga

Da Cioran a Sloterdijk, da Illich a Augé, le due ruote sono una passione non troppo nascosta capace di far volare il pensiero

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Ho viaggiato molto in bicicletta, è sempre stata una grande passione, e sono andato in bicicletta perfino in Inghilterra. Giovane, a quel tempo. La bicicletta mi dava la stupenda possibilità di essere fuori da tutto; ti trovi in un paese e al tempo stesso sei in cammino. Ho parlato molto con la gente quando viaggiavo in bicicletta. Ho girato tutta la Francia pedalando, e ho incontrato tantissima gente, gente del popolo, non intellettuali. Il che mi procurava un immenso piacere.

Mi è capitato spesso di essere profondamente colpito da gente che non aveva mai aperto un libro», racconta in un’intervista del 1962 il filosofo romeno Emil Cioran (1911-1995), oramai esule in Francia da quasi trent’anni. Sarebbe questa, quella dei ricordi, una delle dimensioni risveglia-te gliate dalla bicicletta. Per lui, pedalare significa molto di più. Non l’opportunità di muoversi liberamente e incontrare persone. Ma, com’era dalla metafisica tentazione di esistere e dalla caduta nel Tempo, girare in bici è una terapia nei confronti dell’insonnia e delle sue ossessioni. «A guarirmi – continua in Un apolide metafisico – è stato il mio giro della Francia in bicicletta. Durante quel viaggio ho dormito per mesi negli ostelli della gioventù, e lo sforzo fisico, i cento chilometri al giorno che facevo, mi hanno permesso di superare la crisi. tutti quei chilometri in un giorno, di devidormire,nonhaiscelta, altrimenti non puoi continuare. Quindi non sono state le riflessioni filosofiche a guarirmi, bensì lo sforzo fisico, che al tempo stesso era per me un piacere».

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