Michelangelo Merisi era agnostico o credente, eterodosso o fedele a suo modo alla Chiesa di Roma? Gli studiosi si sono chiesti quale fosse il suo pensiero e quale rapporto avesse con la spiritualità del suo tempo, suscitando un dibattito protrattosi per decenni. Anche fuori dall’ambito scientifico se ne continua a discutere perché la pittura di Caravaggio è talmente coinvolgente che ognuno vuole interpretarla a modo proprio. Indubbiamente egli fu un pittore fuori dagli schemi, dissonante dai canoni stilistici e dalle iconografie tradizionali, un personaggio inquieto, geniale, ipersensibile.
Diversi biografi ne hanno trasmesso un’immagine negativa – per astio personale (Baglione) o per militanza artistica contraria al suo “naturalismo” antiaccademico (Celio, Carducho, Bellori, Susinno) – radicatasi per lungo tempo. Le ricerche degli ultimi decenni hanno meglio ricostruito fatti e contesti storici che segnarono la sua esistenza, smontando quel mito di “pittore maledetto” che faceva di Merisi un soggetto incolto, asociale e oltremodo trasgressivo. Il quadro che ne è emerso non ci presenta solo un pittore prodigioso e irruento, sempre pronto a sfoderare la spada (abitudine diffusa anche tra gli artisti), ma una personalità ben più complessa sia per sensibilità e background culturale, sia per la rilevanza di relazioni sociali che si era guadagnato.
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