Nel 1882 sul lago di Pusiano (dove si era trasferito con la famiglia, lasciando la casa sul Naviglio a Milano) Giovanni Segantini dipinge Ave Maria a trasbordo. L’opera sarà poi eseguita in una seconda versione in stile divisionista, ma è uno di quei quadri troppo commoventi per soffermarsi solo sulla sua tecnica. Il trasbordo è quello di una famiglia di pastori su una barca, una di quelle che ancora oggi si trovano come richiamo pubblicitario sulle rive del lago di Pusiano. Sono barche arricchite da due archi di legno che, bordati di teloni, permettono di ripararsi dal sole o dalla pioggia, ma che nel quadro incorniciano il campanile di Bosisio Parini (patria del poeta) sull’altra sponda. È quasi sera. Sulla barca il padre rema per raggiungere la sua casa, mentre il bambino si stringe alla madre. Il titolo del quadro allude ai rintocchi dell’Ave Maria che veniva suonata alle sei del pomeriggio, ma forse anche alla preghiera che i due pastori, stanchi dopo la giornata di lavoro, mormorano in cuor loro, lottando per non addormentarsi. Un’atmosfera di serena quiete aleggia nella composizione, dove le ombre in primo piano e la striscia di terra in lontananza si stagliano contro l’acqua del lago e la distesa del cielo, limpide e quasi argentee. Non c’è bisogno di disegnare corone del Rosario, figure a mani giunte, segni religiosi: sono già quella pace e quell’armonia a infondere nella scena un accento spirituale. Del resto, l’artista stesso diceva: «L’arte è mediatrice fra Dio e l’anima nostra. Anzi, siccome l’anima nostra è parte di Dio stesso, l’opera d’arte deve essere un’espressione divina».
Le vere protagoniste del dipinto sono però le pecore, che trovano posto nella barca insieme agli uomini. Le due più grandi, che si avvicinano forse per abbeverarsi, richiamano l’abbraccio della madre e del bambino dietro di loro. Uomini e animali, sembra dire Segantini, hanno la stessa dignità. L’uomo, secondo la legge di Dio, è padrone del creato, ma deve averne cura e rispetto. Le pecore, poi, sono un simbolo del gregge di Cristo, il Buon Pastore, e la loro presenza acquista qui un senso sacrale. Non per niente nel 1891, alla prima Triennale di Milano, l’artista espone Le due madri: una donna col suo bambino addormentato fra le braccia accanto a una mucca col vitellino accovacciato tra le sue zampe. Segantini non voleva suggerire una equivalenza assoluta (nella stalla una lampada illumina la fede nuziale della donna, segno sacramentale che l’animale ovviamente non ha), ma indicare una somiglianza, un’affinità, da cui deve derivare un analogo rispetto per le due maternità.
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