I due volti di Hispaniola

di Lucia Capuzzi

Da una parte Haiti, dall’altra la Repubblica Dominicana. «Che condividono gli stessi fantasmi», scrive Julia Álvarez

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Port-au-Prince, capitale di Haiti / Orlando Barria / Ansa

Una e l’altra. I Caraibi e la loro nemesi. Ayiti – ora Haiti – e Quisqueya, la Repubblica Dominicana. Hispaniola è un’isola-uccello, con due ali. Già i primi abitanti, gli indigeni Taínos, ramo del popolo Arawak, avevano colto la dualità intrinseca alla seconda delle Antille. Le avevano dato, dunque, un nome doppio. Ayiti, appunto, cioè “luogo dalle alte montagne”. E Quisqueya, “madre di tutte le terre”. La storia avrebbe spezzato quanto la geografia si ostina tuttora a unire, piantando quei toponimi alle due opposte longitudini. E li avrebbe lasciati là, vicini distanti, a fissarsi perennemente attraverso uno specchio rovesciato.

Haiti e Repubblica Dominicana, due Paesi nel mondo «nella stessa traiettoria del sole, che condividono gli stessi fantasmi – oltre che la medesima isola – semplicemente e tragicamente dilaniati dall’ambizione», scrive Julia Álvarez, poetessa e scrittrice dominico-statunitense, «dallo zucchero che addolcisce le tazzine di porcellana dei ricchi lasciandoci in bocca le macerie dell’amarezza». Cristoforo Colombo, in realtà, vi approdò nel dicembre 1492 in cerca di oro. Sulle sue secche perse la maggiore delle caravelle, la Santa María. E vi fondò la pioniera delle colonie d’America: La Española o Hispaniola. Il metallo prezioso, ben presto, si rivelò una chimera come la via per le Indie. Le brame dei conquistatori si rivolsero, dunque, al Continente e ai tesori nascosti nel suo ventre, mentre l’oblio calò sulla primogenita americana dell’Impero spagnolo. Troppo tardi, comunque, per i pacifici Taínos, incapaci di sopravvivere all’incontro-scontro con i nuovi arrivati del Vecchio mondo: in meno di tre decenni, del mezzo milione di abitanti ne rimasero poche migliaia. Nella catena di montaggio della colonizzazione furono sostituiti dagli schiavi africani, trascinati nelle piantagioni di canna da zucchero, l’oro di Hispaniola, che gli spagnoli concentrarono allora nella parte orientale. I promontori della frastagliata costa occidentale, in gran parte spopolata, divennero, invece, rifugio di pirati, le avanguardie delle potenze emergenti: Gran Bretagna, Olanda, Francia soprattutto.

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