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Arte della Langobardia

Da Cividale a Brescia, da Monza a Spoleto, viaggio sulle tracce lasciate dal popolo dalle lunghe barbe

​Quando, nel 568-569, i Longobardi (così detti per le lunghe barbe che caratterizzavano i volti dei guerrieri) si presentarono alla porta orientale d’Italia, nell’attuale Friuli, in procinto di invadere quella che sapevano essere una terra ricca di storia e tradizioni, ma anche fiaccata dalla lunga guerra greco-gotica, interrompevano in modo definitivo una vocazione migratoria iniziata secoli prima, che dal nord della Germania, dalla foce del fiume Elba, li aveva condotti sino alle pianure pannoniche (nell’attuale Ungheria).
Da queste dovettero fuggire precipitosamente sotto la spinta di una popolazione barbarica di cui temevano la ferocia, gli Avari. Guidati da re Alboino, si diressero così verso un Paese che avevano già conosciuto quando erano stati reclutati come milizie mercenarie dai Bizantini nell’estenuante scontro con gli Ostrogoti. Dopo la presa di Cividale – sede del primo ducato, affidato al nipote del re Gisulfo – rapidamente dilagarono nella Pianura Padana, toccando in rapida successione Verona, Milano, il Piemonte e infine Pavia, dove fu fissata la capitale. Risparmiata la Liguria e la zona di Ravenna, rimaste sotto il controllo bizantino, penetrarono in Toscana e poi, seguendo la via Flaminia, in Umbria, trovando un insormontabile inciampo nel territorio di Roma, dove si era affermata la guida spirituale e politica dei papi. Aggirata la strozzatura, la discesa verso sud si dimostrò decisamente più agevole. Qui, anzi, il radicamento si rivelò particolarmente tenace e il ducato di Benevento, elevato a principato, fu l’unica parte del dominio longobardo a sopravvivere alla dissoluzione del regno, crollato nel 774 di fronte alle truppe di Carlo Magno. Diversamente dalle aspirazioni, Sicilia e Sardegna non furono invece mai raggiunte. L’unità territoriale dell’Italia fu così definitivamente dissolta con la creazione del regno, distinto in Langobardia Maior (al Nord) e Minor (al Sud), alle quali si alternavano, in una situazione “a macchia di leopardo”, isole bizantine più o meno tenacemente difese (la Liguria fu conquistata da re Rotari nel VII secolo, Ravenna a metà dell’VIII da re Astolfo).
Si trattava d’altra parte di un gruppo non grande (di cui si discute ancora la consistenza, stimata tra i cento e i centocinquantamila individui) e assai eterogeneo, che si sovrappose come classe dominante alla popolazione italica, scacciando i possidenti (che in parte ripararono a Ravenna e Costantinopoli), insediandosi nelle città e soprattutto nelle campagne. Da quel momento si avviò tuttavia un lungo processo di assimilazione religiosa, culturale e linguistica, che si completò sotto il regno di re Liutprando, nella prima metà dell’VIII secolo. Oltre al determinante fenomeno della conversione dall’arianesimo al cattolicesimo (inizialmente nella versione tricapitolina), di cui fu iniziatrice la principessa bavara Teodolinda, i Longobardi cedettero rapidamente le tradizioni ancestrali, acquisendo in gran parte quelle della popolazione locale.

 

Meridione barbarico           
                                 
​Paolo Diacono, lo storico dei Longobardi che scrive quando ormai il regno è scomparso, dissolto dalle truppe di Carlo Magno, elabora una versione largamente mitica della discesa della popolazione barbarica lungo la Penisola. Narra infatti che Autari, il primo marito di Teodolinda, che regnò brevemente tra il 584 e il 590, dopo l’assassinio di Clefi e il decennio di vacanza del potere regio, si sarebbe spinto, facendo tappa a Spoleto e Benevento, sino a Reggio Calabria, per fissare sullo stretto di Messina il limite territoriale del regno. Si tratta di una leggenda, ma le tappe segnate sono di alto significato simbolico e sanciscono il legame tra i due principali ducati del Centro e Sud d’Italia e il potere regio da cui sarebbero derivati.
Gli storici hanno dubitato di tale origine, prospettando una diversa soluzione: una sorta di generazione spontanea, o quanto meno autonoma, determinata da gruppi di Longobardi già presenti nel territorio come foederati dei Bizantini. Si tratta di entità con forti aspirazioni autonomistiche, che alla metà del VII secolo approfittarono della salita al trono del duca beneventano (ma di origini friulane) Grimoaldo per accentuare lo spostamento del baricentro politico da Pavia, sede della corte regia, alla periferia del regno (Cividale da un lato, Benevento dall’altro).
All’arrivo dei Longobardi l’Italia del Sud era ancora fortemente segnata dalle conseguenze dell’estenuante guerra greco-gotica. Papa Gregorio Magno testimonia con efficacia nei suoi scritti gli effetti devastanti della conquista, con le chiese danneggiate e le diocesi spopolate e abbandonate dai presuli. Anche l’abbazia di Montecassino, fondata da san Benedetto, venne saccheggiata nel 577 e in modo così radicale da indurre i monaci ad abbandonarla, rifugiandosi a Roma e lasciando inabitato il sito per centoquarant’anni.
Secondo Paolo Diacono, il primo duca di Benevento (già municipium romano, celebre per il grande arco commemorativo di Traiano) fu Zottone, che governò per circa vent’anni. A succedergli re Agilulfo inviò dal Friuli Arechi, abile militare che ampliò i territori del ducato conquistando gran parte dell’Italia meridionale a eccezione di alcune zone costiere rimaste sotto il controllo bizantino (Gaeta, Napoli e la costiera amalfitana, parte della Puglia e la punta della Calabria). Traccia ineludibile della presenza longobarda fu la creazione di uno dei centri santuariali più importanti dell’Occidente, quello di San Michele al Monte Gargano. La sostanziale continuità che si andava così creando tra il ducato “cerniera” di Spoleto e quello di Benevento, che di fatto avvolgevano pericolosamente i territori del ducato di Roma, impensierì sempre più i pontefici, messi in sospetto da tale sgradita vicinanza. Il fatto non impedì peraltro a Gregorio Magno di rivolgersi al turbolento duca Arechi per ottenere del legname da impiegare nel restauro delle coperture di alcune chiese di Roma.
 
di Roberto Cassanelli